Mostre in città

Da lunedì a giovedì 10:30 - 20:00. Sabato e domenica 10:30 - 20:00

Feeling good. Caimi design per il futuro

ADI Design Museum – Compasso d'Oro presenta un progetto culturale dedicato al marchio lombardo Caimi che, a 75 anni dalla sua fondazione, riflette sul suo metodo di lavoro, lo aggiorna e lo propone come modello di sviluppo per il prossimo futuro.successo da tre generazioni, nel quadro di settantacinque anni di cultura del progetto e di vita sociale in Italia. “Feeling Good. Caimi design per il futuro” è un’esposizione non celebrativa, un focus narrativo su un metodo di lavoro che è il vero DNA dell’azienda, che aspira a tracciare una linea a tendere, non guarda al passato, ma disegna un nuovo percorso, per continuare a contribuire al sistema design Made in Italy. Curata da Aldo Colonetti, filosofo, storico e teorico dell’arte e del design, e dall’architetto e ricercatrice Valentina Fisichella, la mostra offre ai visitatori un percorso articolato in ambienti sinestetici che ospitano oggetti, video storici, opere d’arte, prodotti, documenti e disegni. Il progetto di allestimento dell’architetto Matteo Vercelloni, che dà molteplici dimensioni e forme all’esperienza di mostra, insieme alla multimedialità e live performance del collettivo Ex Anima, arricchiscono il momento di visita di significati e livelli di interpretazione; restituendo la contaminazione tra disegno industriale e arte, il rapporto sinergico tra scienza e design e il riformismo progettuale, firma di Caimi. Fin dalle sue origini infatti l’azienda opera con coerenza e metodo all’interno di un progetto riformista, riflettendo in termini non ideologici o rivoluzionari attorno ai grandi temi che caratterizzano la contemporaneità del nostro mondo. Il progetto infatti, al di là di prodotti e documenti, è una storia di idee, illustrate, oltre che nella mostra, in un libro e in un podcast dedicati ai temi e agli attori della storia del marchio: imprenditori, designer, ricercatori, artisti, comunicatori. Attraverso gli interventi dei curatori e dei protagonisti, con le caratteristiche di un saggio, il libro inserisce l’evoluzione del marchio e la sua storia familiare, ininterrottamente condotta con successo da tre generazioni, nel quadro di settantacinque anni di cultura del progetto e di vita sociale in Italia.
ADI Design Museum location
Da lunedì a giovedì 10:30 - 20:00. Sabato e domenica 10:30 - 20:00

ORIGIN OF SIMPLICITY. 20 visions of japanese design

L’essenzialità delle forme, la cura estrema dei particolari, l’originalità di ciascun pezzo pur nella continuità della tradizione, coniugate oggi a una ricerca tecnologica e ingegneristica che sviluppa nuovi materiali e il riciclo di quelli di scarto, sono peculiarità che rendono il design giapponese un’icona internazionale. La mostra “ORIGIN of SIMPLICITY. 20 Visions of Japanese Design” è uno sguardo trasversale tra design e artigianato per comprendere le origini del concetto di semplicità, ora declinabile come vuoto (ku), spazio o silenzio (ma), talvolta leggibile come povertà (wabi) e consunzione legata all’uso nel tempo (sabi), altre come asimmetria, non definitezza e imperfezione, concetti che hanno radice in diversi pensieri filosofici appartenenti a questa cultura: dal buddhismo zen al pensiero animista shintoista, quasi opposti alla razionalità occidentale. Una ricerca inedita ideata dalla curatrice Rossella Menegazzo, esperta di storia dell’arte e cultura giapponese dell’Università degli Studi di Milano, con progetto grafico e di allestimento del designer e curatore nipponico Kenya Hara, che ha concepito il percorso di mostra come una foresta dove passeggiare. Ogni albero raggruppa le opere che sono espressione di una stessa qualità, accostamenti inediti di lavori di diversi designer e artigiani, attraverso cui il tema della semplicità viene declinato attribuendo parole chiave che aiutano la lettura. In mostra sono presenti oltre 150 opere, molte mai presentate prima in Italia, progettate dai nomi più rappresentativi del design moderno e contemporaneo, che hanno segnato la storia del design giapponese a partire dagli anni Sessata del Novecento, ma anche esponenti delle ultime generazioni, meno note al pubblico internazionale. Tutti gli oggetti scelti sottolineano la sapienza artigianale, che al design ha tradizionalmente unito tecniche, materiali e forme tramandate di generazione in generazione, attraverso botteghe, laboratori storici e maestri considerati “tesori nazionali viventi”, intangible heritage. Una sapienza secolare che rivela una predilezione per i materiali naturali – legno, carta, metallo, ceramica e tessile – e una sensibilità verso le caratteristiche di ciascuno di questi, rendendo fluida la distinzione fra prodotto di design o d’arte.
ADI Design Museum location
Da giovedì a domenica 10:30 - 18:30

Else Space, Es#1

Carrozzeria900 location
Lunedì e martedì 15:00 - 18:00

Morire di classe. (La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin)

L’11 marzo cadrà il centenario della nascita di Franco Basaglia, ispiratore della legge 180 del 1978, nota come Legge Basaglia, che disponeva la progressiva abolizione dei manicomi in Italia. L’istituzione manicomiale, prima di Franco Basaglia e del movimento psichiatrico anti-istituzionale, era un luogo di segregazione e di coercizione, un asilo coatto per i poveri, i reietti, gli emarginati, un carcere abbrutente in cui i malati venivano deumanizzati e ridotti in contenzione, privati dei diritti ed esclusi dalla società, senza un’ottica di recupero e reinserimento sociale. Nel 1969 Morire di classe, esce in libreria: un libro fotografico curato da Franco Basaglia e Franca Ongaro, con le fotografie di Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati, che mostrò inequivocabilmente al mondo, grazie alla vivida crudezza delle immagini, quale fosse la condizione dei malati mentali all’interno dei manicomi, divenendo un libro simbolo che ha segnato una tappa fondamentale nel processo di liberazione e di scardinamento dell’istituzione manicomiale. Per molti anni, Morire di classe è stato irreperibile nelle librerie. Proprio quest’anno, il Saggiatore ha scelto di riportarlo alla luce, nella sua integrità, rispettando le intenzioni originarie dei curatori e la natura intrinsecamente politica di questo progetto, perché – crediamo – la malattia mentale è oggi come ieri espressione dell’ingiustizia sociale e delle diseguaglianze che essa produce: le idee di Basaglia, all’interno delle storture della nostra società, adesso più che mai, stanno diventando una nuova utopia.
Laboratorio Formentini location
Da martedì a domenica 09:00 - 18:00

BRUT Milano

Le opere esposte narrano una dimensione creativa che non vuole più raccontare il mondo, ma alla maniera eraclitea “fare mondo”. Avere a che fare con l’arte “irregolare” significa scavalcare i recinti di quello che è il territorio dell’arte convenzionale, con le sue regole, con le sue dinamiche creative, con i suoi percorsi e le sue tappe consolidate in secoli di storia della committenza e del gusto. Si approda così in quel territorio non arato dalla cultura ufficiale, pieno di fiori inconsueti, assurdi,liberi. L’atto creativo dell’outsider appartiene ad una dimensione altra. C’è un che di rituale nel loro operare, lo stupore muove i loro gesti. Si offre al pubblico la possibilità di muoversi all’interno di questi personalissimi mondi appartenenti ai partecipanti, che ormai da tre anni, lavorano nell’atelier milanese di BRUT. A cura di Fondazione Giacomo Brodolini. In quest’esposizione i mondi interiori degli artisti, caratterizzati da una disabilità cognitiva-neurodiversità, vengono narrati senza filtri. I 9 partecipanti dell’Atelier milanese BRUT si raccontano, rivelando nella loro spontaneità psichica l’essenza originaria del loro essere. Stefano Gironi - 08.12.1989 “Kilometri di Arte” Fabio Moroni - 27.01.1960 “Forme e visioni dall’assoluto” Ivonne Jessica Cabrera - 27.06.2000 “Lady Watercolor” Gaetano Cervasio - 22.12.1998 “Esplosioni di colore” Sveva Landi - 30.11.2989 “ oltre il minamalismo” Eugenia Venturini - 03.08.1998 “Rainbow power” Martina Galipò - 04.03.1998 “Concept ART” Luca Verzino - 21.05.2002 “Grafite hb specialist” Francesca Zita Rosaria Burana - 07.10.1962 “Architetture in movimento”
Milano Luiss Hub location
Da lunedì a sabato 11:00 - 18:00

Brand New Love

Peres Projects è lieta di presentare Brand New Love, una mostra di nuovi dipinti di Daniele Toneatti (Venezia, 1989), che segna il debutto dell’artista con la galleria e la sua prima personale in Italia. Sfumare i confini é centrale nella pratica artistica di Daniele Toneatti. In Brand New Love la figurazione si dissolve nell’astrazione e i virtuosismi tecnici convivono con linguaggi intuitivi e viscerali. I dipinti ad olio, reminiscenti di grezzi schizzi a carboncino, si trovano in uno stato di incompletezza permanente, accanto ad altre opere completate e successivamente ri-operate. Il processo stesso di creare quadri è atomizzato, e ogni suo costituente riceve parimenti attenzione ed importanza. Come i pezzi di un puzzle, disegno, colore e soggetto vengono rielaborati in miriadi di combinazioni, mentre lo studio dell’artista sembra infiltrarsi nello spazio espositivo. Influenzato da approcci e teorie postmoderni, per i quali l’interpretazione trascende la creazione, Toneatti coltiva una singolare pratica di appropriazione. L’artista raccoglie immagini trovate, che vanno dalle fotografie di archivio a riferimenti storici dell’arte, e le dipinge remixandole e campionandole in un corpo di lavoro complesso. In just before they split (2023), Toneatti dipinge una fotografia di un dipinto incorniciato di Jean-Honoré Fragonard. Nella sua interpretazione della composizione del pittore rococò francese, pennellate sfocate e ruvide enfatizzano la natura transitoria e sensuale dell’abbraccio, oscurando l’identificazione dell’immagine di origine. In Classic Impression (2023), invece, Toneatti ricrea attraverso una lente romantica una fotografia di un ragazzo in sovrappeso seduto sulla spiaggia. Qui, le sue pennellate delicate e il suo colore pastello infondono all’immagine una tenerezza e un fascino che ricordano il lavoro del pittore post-impressionista Pierre Bonnard. Cosı̀ facendo, Toneatti si confronta con una linea di artisti che immaginano un modo rinnovato di fare arte riformulando, rimettendo in scena e reinterpretando immagini esistenti per produrre nuovi contesti e significati. “Sotto una foto c’è sempre un’altra foto”, scrisse Douglas Crimp in October nella primavera del 1979, riflettendo sulla mostra Pictures che curò due anni prima, introducendo una nuova generazione di artisti poi conosciuta come la Pictures Generation - una fonte ricorrente di interesse per Toneatti. Proprio come la Pictures Generation riconosceva o reagiva all’influenza crescente dei media di massa nella formazione della cultura, la pratica di Toneatti risuona con i modelli attuali di consumo visivo nell’economia delle immagini di oggi. Il suo corpus di opere si confronta con l’ubiquità delle immagini nella vita contemporanea, enfatizzando la loro circolazione attraverso le attuali frontiere e gerarchie porose che un tempo davano struttura agli ecosistemi culturali. Una permeabilità evidente anche nella diversità formale del lavoro stesso. Brand New Love illustra anche l’infinita varietà stilistica della pratica di Toneatti e la fluidità con cui si muove da un linguaggio pittorico all’altro. Oltre che una riflessione sulla nostra società attuale guidata dalle immagini, il lavoro di Toneatti è un dialogo personale e appassionato con la storia dell’arte. Ogni opera cattura un incontro con un’immagine, tradotto sulla tela attraverso approcci pittorici diversi, liberi da formule o soluzioni prestabilite. L’artista, che tratta ogni quadro come una pagina di un diario, scava e registra le immagini che permangono nella sua memoria, simili a persistenze retiniche, seppellendole talvolta sotto nuovi strati di immagini. Opere come Don’t Look Now (2023) e Romantic Painting (2023) presentano una superficie densa simile a un palinsesto, stratificata con una moltitudine di motivi intrecciati che si cancellano e si completano simultaneamente; in altre opere, come flight of ideas (2023) e hard truths (2023), la tela funge da blocco per gli schizzi, dove un medesimo motivo viene ripetuto e rivisto piú volte. Nel lavoro di Toneatti, processo e prodotto hanno la stessa importanza. La sua enfasi sul frammentato e sull’incompiuto rimanda al concetto di “pittura provvisoria” di Raphael Rubinstein, descritto in un articolo omonimo pubblicato su Art in America nel 2009: opere che sembrano “casuali, affrettate, tentative, incomplete, autonullificanti”. Abbracciando il dubbio e l’incertezza anziché la monumentalità e la permanenza, Toneatti adotta un approccio umile. Questo è particolarmente evidente in Venetian Red (2023), un dipinto derivato da una foto di una foto di Cindy Sherman, scattata durante una retrospettiva del lavoro dell’artista americana. Le distese di tonalità rosse che dominano gran parte della tela sono in realtà le dita di Toneatti che oscurano parzialmente ma deliberatamente l’obiettivo della fotocamera. Questa immagine, catturata furtivamente, racchiude un momento di devozione e timidezza. Nello spazio espositivo, i dipinti sono disposti in gruppi, favorendo libere associazioni di immagini e idee. Collegamenti invisibili connettono le opere, formando costellazioni misteriose mentre l’artista svela il proprio viaggio attraverso la cultura visiva e la storia dell’arte. Mentre le immagini di Toneatti emanano un senso di déjà vu, molti dei riferimenti da cui attinge rimangono sfuggenti. Questa sensazione di incertezza svincola le immagini dai loro limiti, consentendo allo spettatore di collegare le opere con il proprio archivio immaginifico mentale. Attraverso processi di selezione, assimilazione, riformulazione, Toneatti interrompe il flusso di immagini che ci sommerge ogni giorno - Brand New Love incarna un modo rinnovato e anche romantico di assorbire le immagini, invitandoci a riflettere sul nostro personale pantheon iconografico. Brand New Love è la prima personale di Daniele Toneatti con la galleria Peres Projects. Toneatti ha debuttato con una personale a Open Forum a Berlino nel 2023: intitolata Das Ding, la mostra esplorava il nichilismo delle immagini, mettendo in discussione l’appiattimento della cultura e delle nostre esperienze estetiche.
Peres Projects location
Da mercoledì a venerdì 14:00 - 19:30. Sabato 10:00 - 13:00 e 14:00 - 19:30

STANLEY BROUWN - This way

Nato a Paramaribo, Suriname, nel 1935, e residente ad Amsterdam, Stanley Brouwn era un artista concettuale noto per le sue opere minimaliste che spesso sfidavano le nozioni tradizionali di arte e percezione. La pratica artistica di Brouwn era profondamente radicata nell'esplorazione della relazione tra spazio, misurazione e interazione umana. Una delle serie più famose di Brouwn è il suo progetto "This Way Brouwn", iniziato alla fine degli anni '60. Brouwn si avvicinava alle persone per strada e chiedeva loro di fornire indicazioni da un luogo all'altro. Quindi documentava le loro risposte, spesso sottoforma di note o mappe scritte a mano, senza alcun commento o interpretazione aggiuntiva. Attraverso questo processo, Brouwn ha cercato di indagare la natura soggettiva della percezione spaziale e l’influenza dell’esperienza individuale sul modo in cui navighiamo e comprendiamo il mondo che ci circonda. Un altro aspetto significativo della pratica di Brouwn è stato il suo interesse per il concetto di misurazione. Ha spesso esplorato idee legate alla distanza, alla scala e alle proporzioni, spesso utilizzando materiali semplici come legno, carta, cartone e spago per creare le sue opere. In tal modo, l’artista ha messo in discussione i sistemi di misurazione standardizzati che governano la nostra comprensione dello spazio ed ha incoraggiato gli spettatori a riconsiderare la propria percezione della distanza e delle dimensioni. Le opere "Measurements" di Stanley Brouwn approfondiscono la complessità della quantificazione e dell'interazione umana con lo spazio. Attraverso questa serie, l’artista invita i partecipanti a fornire le proprie misurazioni di oggetti e distanze, sfidando le nozioni tradizionali di accuratezza e obiettività. Cedendo il controllo agli altri, Brouwn evidenzia la natura soggettiva della misurazione e l'influenza della prospettiva personale. Il suo approccio minimalista spinge gli spettatori a riconsiderare il loro rapporto con la quantificazione, sottolineando il ruolo dell’esperienza individuale nel plasmare la nostra comprensione del mondo. Nel suo lavoro Brouwn si occupò anche di temi filosofici come la natura dell'esistenza e il rapporto tra l'individuo e il collettivo. Incoraggiando la partecipazione altrui ed enfatizzando il ruolo dell'interazione umana nella creazione e nell'interpretazione dell'arte, ha sfidato l'idea convenzionale dell'artista come genio solitario e ha invece enfatizzato la natura collaborativa dell'espressione creativa. Nel corso della sua carriera, Brouwn è rimasto impegnato nell'esplorazione degli aspetti fondamentali dell'esperienza umana attraverso la sua arte, spesso utilizzando gesti e materiali semplici per provocare domande profonde sulla percezione, lo spazio e la natura della realtà. Il suo lavoro continua a influenzare artisti e pensatori contemporanei, ricordando il potere dell'arte di sfidare le ipotesi, provocare il pensiero ed espandere la nostra comprensione del mondo.
Settantaventidue location
Da giovedì a domenica 11:00 - 19:30

Komorebi a Milano

Finesettimana.Milano apre al pubblico in occasione di eventi legati all’arte e al design solo nei fine settimana, dal giovedì sera alla domenica, a evidenziare la doppia natura dello spazio inteso come luogo di fusione tra le diverse forme d’arte. Thomas Zangaro Studio e’ uno studio d’interior ed exhibition design situato tra l’emergente e innovativo quartiere di Scalo Romana e la zona Bocconi. Lo studio, del giovane designer under 35, si occupa di progettazioni d’interni e di allestimenti e ha collaborato a importanti eventi legati alla moda e al design. La nuova sede è un open space di 200 mq, il cui scheletro in cemento armato dai tratti brutalisti, entra in dialogo con arredi disegnati dallo studio, icone del design o pezzi ritrovati in cantieri o ville ristrutturate dallo studio, il tutto sviluppato su uno sfondo viola, distintivo dell’immagine dello studio.Qui si ritrova nuova contemporaneità nell’estetica ma anche nel concetto di studio. Lo spazio infatti si propone di far dialogare l’opera d’arte con l’oggetto di design e viceversa all’interno del progetto Finesettimana.Milano.In occasione dell’inaugurazione dei suoi nuovi spazi a Milano e per il lancio della nuova iniziativa, lo studio ospita il suo primo evento in occasione della prossima edizione di Milano Art Week. In collaborazione con la galleria Susanna Orlando di Pietrasanta, verrà presentata la mostra Komorebi a Milano di Susanna Canosa, affermata artista contemporanea spagnola con l’esposizione di opere recenti in cui l’artista presenta, attraverso le sue opere, il suggestivo tema del komorebi, l’effetto creato dalla luce che filtra tra le foglie degli alberi e che rappresenta simbolicamente la naturale attrazione dell’uomo verso i raggi di luce. Le opere saranno esposte in tutte le aree dello studio, comprese quelle specificatamente dedite alla progettazione d’interni e si relazioneranno agli arredi e allo stile brutalista dello studio. Le opere saranno esposte in tutte le aree dello studio, comprese quelle specificatamente dedite alla progettazione d’interni. La mostra e gli spazi dello studio apriranno al pubblico in occasione di Art Week 2024.
Thomas Zangaro Studio location