H. L'installazione è visibile dalla vetrata di fronte al bar
Il giardino di Artemisia
A cura di Matteo Pacini
Le donne sono il filo conduttore a cui Fabbrica del Vapore dedica quest'anno molte delle sue attività. La parità di genere è infatti termometro di ogni democrazia. Femminicidi, mancanza di equità salariale, disoccupazione femminile, sono sintomi di un malessere che deve essere volto altrimenti in un benessere sociale diffuso.
Anche nell'ambito di Vapore d'estate, di Milano Art e Design Week non mancano quindi affondi su un tema che deve essere pervasivo. L'opera di Mezzadri si presenta come soglia e tessuto connettivo tra i diversi palinsesti che caratterizzano il mese di Aprile in Fabbrica del Vapore. Ben venga il suo contributo, come il dipinto di Crespi “Revolution is woman”, è un utile contributo, perché che i maschi siano portavoce di un bisogno di parità è parte indispensabile del cambiamento.” (Maria Fratelli)
Con “Il giardino di Artemisia”, installazione site specific, a cura di Matteo Pacini in collaborazione con Jessica De Simone, Matteo Mezzadri affronta il tema riflettendo su un episodio storico che finirà per avere molte ripercussioni sulla condizione di sfavore delle donne nella società, tema ancora oggi drammaticamente attuale. Si tratta della causa intentata nel 1612 dalla pittrice Artemisia Gentileschi a carico di Agostino Tassi, passato alla storia come il primo processo per stupro del quale si conservi memoria scritta attraverso le registrazioni processuali.
Artemisia Gentileschi passò la vita combattendo per affermare la propria libertà di espressione in un mondo che lasciava pochissimo spazio alle donne, soprattutto in ambito artistico, e denunciare pubblicamente il proprio violentatore fu un atto di grande coraggio che, come ancora oggi troppo spesso accade, la vide salire sul palco degli imputati con l’accusa di aver tenuto atteggiamenti provocatori nei confronti dell’accusato.
Artemisia non ritrattò mai, neanche sotto tortura; “È vero, è vero, è vero” è l’urlo di dolore registrato presso l’Archivio di Stato di Roma che Artemisia rivolse all’accusato mentre le venivano spezzate le dita, prova inconfutabile, secondo la legislazione di allora, della veridicità delle sue accuse. Sebbene la condanna all’esilio del Tassi si dimostrò una farsa poiché, grazie alla sua posizione, non lasciò mai Roma, a differenza di Artemisia che fu costretta a farlo a causa del clamore del processo, questa coraggiosa denuncia rimase nella storia come il primo vero atto di ribellione nei confronti della soffocante cultura patriarcale.
Nel misurarsi con il complesso argomento, soprattutto in quanto affrontato da un uomo, Mezzadri si avvale di materiali, linguaggio e grammatica visiva tipica della sua poetica, nessuna citazione didascalica o narrativa quindi, ma un’evocazione sotto traccia che metta in dialogo, o meglio, in conflitto i materiali e le geometrie strutturali che daranno forma al lavoro.
Il grande cubo di mattoni cotti, severo e assoluto, nasconde e reclude qualcosa al suo interno con la scusa di proteggerlo; è il paradigma di un sistema di potere e convenzioni sociali rigide, immodificabili, un meccanismo decodificato da uomini a vantaggio degli uomini che per troppo tempo non ha lasciato spazio alle donne di affermare la propria libertà e dignità̀ di esseri umani.
Il giardino di Artemisia simboleggia la resilienza, la continua rinascita che parte dal basso come tutte le più̀ grandi rivoluzioni nella storia dell’umanità̀. Una rottura dello schema che stravolge lo spazio fisico e, come nel caso di Artemisia, anche quello storico.
#INSTALLAZIONE
Fabbrica del Vapore